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Giorgia Ascari, la designer di caschi che ha scelto la montagna

Da Reggio Emilia a Ren, minuscola frazione di Gosaldo con otto abitanti: è tra i pochissimi designer italiani di caschi da go-kart e auto

È un mestiere che nell’immaginario di tutti dovrebbe nascere dal rumore dei motori, Giorgia Ascari, tra i pochissimi designer di caschi da go-kart e auto da corsa in Italia, lo ha perfezionato e reso unico nel silenzio della montagna. Da quasi 20 anni lavora nel suo laboratorio di Ren, minuscola località del comune di Gosaldo, nel cuore delle Dolomiti bellunesi. Otto abitanti in tutto: quattro sono lei, il marito e le due figlie.

Originaria di Novellara, in provincia di Reggio Emilia, Giorgia ha iniziato la sua carriera nell’azienda di famiglia, una delle prime in Italia a occuparsi di design per caschi da moto e auto. «Ho imparato da mio cugino, Paolo Ascari, tra i pionieri del settore. Per cinque anni ho lavorato con lui, poi ho deciso di concentrarmi sui caschi da auto e da go-kart, un mondo di nicchia ma ricco di libertà creativa». A inizio Duemila, la svolta: lei e il marito, manager d’azienda con una laurea in economia e commercio, decidono di lasciare la città e trasferirsi in montagna. «Cercavamo un modo per scappare dal caos, per vivere diversamente, non eravamo felici. Abbiamo trovato una casa a Ren, un ex fienile. L’abbiamo ristrutturata e ci abbiamo costruito la nostra vita».

Il marito, oggi lattoniere, ha trovato nella manualità la serenità che cercava. «Non era felice dietro una scrivania», racconta Giorgia. Lei invece, dopo qualche lavoro di passaggio —perfino la fruttivendola per un anno, spiega — ha ripreso in mano la sua professione. «Durante il Covid ho deciso di mettermi davvero in proprio. Ho creato il mio marchio, Ascari Design, e da lì tutto è ripartito».

Oggi Giorgia lavora con clienti in tutto il mondo: Italia, Francia, Svizzera, Canada e soprattutto Stati Uniti, dove i caschi personalizzati sono diventati un simbolo identitario, anche per i più piccoli. “Il mio cliente medio lì è un bambino americano di otto anni che corre in kart. Lì nessuno comincia senza un casco disegnato: è parte del loro modo di sentirsi piloti. In Italia invece sono soprattutto adulti, ma il concetto è lo stesso: avere qualcosa che ti rappresenti”. Il suo processo creativo è rigoroso: «Il pilota mi indica il modello di casco, io lo acquisto e preparo una bozza grafica digitale con colori, loghi e sponsor. Una volta approvata, inizio il lavoro manuale. Tutto è realizzato a mano con l’aerografo, senza adesivi o pellicole. La verniciatura finale è affidata a un carrozziere, ma il resto richiede almeno trenta ore di lavoro e tempi di asciugatura lunghi». 

Nel laboratorio, ricavato nel fienile ristrutturato accanto a casa, Giorgia lavora circondata dai boschi e dal silenzio (e dalle mucche, ogni tanto). «Non ho bisogno di scappare nei weekend per trovare la pace. Io ci vivo dentro. Semmai, ogni tanto, scappo per cercare un po’ di caos».

In un settore ancora dominato dagli uomini e dalle tecniche digitali, lei resta fedele all’aerografo, all’artigianalità. Ogni casco realizzato da Giorgia è unico. «Sono stilista di formazione, ho studiato moda. Mi considero un po’ all’antica, ma credo che la manualità sia una forma d’arte da preservare». Oggi in Italia ci sono sei o sette designer affermati in questo campo. È un lavoro di nicchia, ma il Made in Italy resta sinonimo di qualità ed eccellenza. «Dalle vernici ai materiali, qui abbiamo accesso ai migliori prodotti europei. È uno dei motivi per cui riusciamo a restare competitivi anche all’estero, nonostante i dazi. E poi, lavorare da qui, in montagna, non è più un limite: con internet e i corrieri veloci, ormai si può lavorare bene ovunque”.

Giorgia non nasconde la fatica di certe scelte, ma non cambierebbe nulla. «Vorrei che i giovani capissero che serve coraggio: bisogna buttarsi, credere in sé stessi, farsi delle domande. E serve pazienza e la determinazione di cominciare».