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L’occasione da non perdere

Il Rapporto Montagne Italia 2025 di Uncem sfata luoghi comuni e pregiudizi.
Con un saldo attivo di oltre 90 mila abitanti in cinque anni la montagna può diventare la leva strategica per lo sviluppo italiano.
Belluno è la provincia più attrattiva del Veneto

Marginale, dimenticata, lontana quando non del tutto esclusa dalle vie di sviluppo del Paese. Buona come parco ricreativo della pianura, con tanta aria buona, paesaggi incontaminati ma distante anni luce dalla dirompente forza creativa delle città. La narrazione della montagna italiana, veneta e bellunese ha risentito per decenni di stereotipi che hanno sedimentato sentimenti di estraneità e nostalgia e alimentato desideri di fuga.

Bene, scordiamoci tutto questo. Il rapporto Montagne Italia 2025 di UNCEM (Unione dei Comuni, Comuni ed Enti montani) e Fondazione Montagne Italia propone una visione esattamente opposta. In montagna si fa innovazione, si viene per lavorare e non solo per passare il fine settimana. Il rapporto, quasi 900 pagine di numeri, mappe, tabelle e analisi, racconta del ripopolamento delle terre alte. Un fenomeno che coinvolge non a caso molte tra le professioni più innovative: bioarchitetti, ingegneri ambientali, creatori di startup, agricoltori e artigiani con una forte propensione all’utilizzo delle tecnologie digitali. Il saldo migratorio dell’ultimo quinquennio – 2019-2023 – conta oltre 90 mila persone che hanno spostato la residenza in aree montane. Certo il dato è nazionale e ci sono molte differenze tra Alpi e Appennini centrali rispetto al resto dello stivale, ma è palese che laddove sussistono lavoro, servizi, possibilità abitative e possibilità di muoversi agevolmente, la montagna torna ad essere attrattiva.

Lo dice senza mezzi termini il presidente nazionale UNCEM, Marco Bussone: «Dove c’è una governance solida, dove i comuni lavorano insieme, dove c’è un legame con le imprese e innovazione di processo e di prodotto i dati economici e sociali sono migliori».

La tendenza registrata dal rapporto Montagne trova conferme in un paper dello studio idea(I) dedicato alla provincia di Belluno. Il lavoro ‘Governo dell’innovazione per l’attrattività delle aree montane’, presentato dal GAL Dolomiti e Prealpi Bellunesi e firmato da Sergio Maset e Luca Garavaglia, analizza i saldi migratori intra ed extra provinciali e offre spunti inediti per la governance del territorio, cioè per i decisori.

In un contesto (…) caratterizzato da un calo demografico, si individuano dinamiche assai differenti. Basti qui pensare al fatto che il sistema urbano di Belluno – ovvero linsieme dei comuni i cui centri distano meno di 15 minuti di auto dal capoluogo – ha raggiunto nellultimo decennio il massimo di popolazione dallUnità ad oggi, scrivono i ricercatori.

Con un saldo migratorio positivo di 1.265 unità nel 2024, la provincia di Belluno appare tuttaltro che in posizione debole. Anzi, è la provincia maggiormente attrattiva una volta relativizzati i saldi alla dimensione demografica, si legge nel paper. Il problema sta piuttosto nel fatto di essere la provincia più attrattiva in una regione che invece è decisamente meno attrattiva sul piano occupazionale rispetto ad altre regioni limitrofe. E non solo a quelle. Nel contesto italiano i saldi migratori del Veneto, per quanto ancora positivi posizionano la nostra regione a metà classifica, significativamente dietro a Emilia Romagna e Piemonte, e in rincorsa rispetto a Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Liguria e Lombardia.

L’attrattività, spiegano Maset e Garavaglia, è strettamente legata al sistema produttivo, cioè all’offerta di lavoro. Un fenomeno intuitivo che spiega come crescita demografica e saldi attivi non siano omogenei, toccando in prima battuta le aree industriali. Quasi tutta l’asta della Val Belluna da Longarone a Feltre rileva saldi positivi, così come l’asta del Cordevole fino ad Agordo.

Ma il tema, dicono i ricercatori e lo si legge anche nel rapporto Montagne, è poi lavorare sui servizi, per consolidare le tendenze, farle diventare reali occasioni di crescita. Servono connessioni veloci tra le valli e con i centri urbani più vicini, alloggi, reti informatiche, scuole e servizi sanitari diffusi. Ma serve soprattutto una governance innovativa. Il Rapporto Montagne racconta delle 200 Green Community già attive in Italia. Un modello che mette in rete sindaci, cittadini, imprese e soggetti del terzo settore per definire insieme strategie a lungo termine elaborando piani economici, ambientali e sociali.

«Le Green Community», afferma Bussone, «hanno saputo rispondere alle sfide climatiche, demografiche, sociali ed economiche». Un modello cooperativo tagliato sulla misura della comunità che è la risposta alle sollecitazioni della ricerca di Maset e Garavaglia secondo cui il rilancio della montagna passa dall’abbandono delle soluzioni uguali per tutti, mentre è necessario orientarsi su scelte mirate, costruite sulle caratteristiche di ciascun contesto. Linnovazione può fare la differenza, ma solo se è guidata da una visione chiara, da alleanze tra attori pubblici e privati, e da una forte capacità di decidere.

Scarica il paper ‘Governo dell’innovazione per l’attrattività delle aree montane’