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Non solo città: l’innovazione sale in quota

Il caso Belluno alla Camera dei deputati in occasione della presentazione del saggio di Giulio Buciuni ‘Innovatori outsider’. I nuovi modelli imprenditoriali che includono le ‘periferie’

Da distretto industriale a ecosistema innovativo. Non più solo produzione, ma manifattura avanzata, alta formazione, intelligenza artificiale e turismo industriale. È l’evoluzione che sta vivendo il tessuto imprenditoriale del bellunese partendo dall’idea «che anche un territorio di montagna, se dotato di visione, può diventare un laboratorio del nuovo modello di sviluppo e di competere nell’economia della conoscenza». A raccontarla Andrea Ferrazzi, direttore di Confindustria Belluno Dolomiti, il 9 luglio alla Camera dei deputati in occasione della presentazione del libro ‘Innovatori outsider. Nuovi modelli imprenditoriali per il capitalismo italiano’ edito da Il Mulino, di Giulio Buciuni, docente al Trinity College di Dublino, e neo coordinatore del comitato scientifico della Fondazione Nord Est. 

Al centro dell’incontro il ruolo delle imprese plug-in: realtà capaci di innestarsi nei tessuti industriali esistenti, portando nuove soluzioni tecnologiche, know-how e modelli di business. Una strategia che, secondo Buciuni, «può riattivare le economie locali solo se affiancata da un ecosistema territoriale che favorisca attrattività, capitale umano e connessioni con la ricerca. Come ho scritto anche in Periferie competitive, è nei margini che spesso si nasconde il potenziale di trasformazione più radicale. Ma serve un cambiamento culturale: dobbiamo smettere di vedere le aree interne come luoghi da assistere e iniziare a considerarle territori da attivare». 

«Le aree montane non devono più essere considerate periferie da sostenere, ma piattaforme da valorizzare per una nuova economia della conoscenza diffusa”, ha aggiunto Giulia Pastorella, deputata e vicepresidente di Azione intervenuta all’incontro. «In un contesto asfittico, in cui in media muoiono 400 imprese al mese, la politica fatica ad avere una visione per il futuro del settore industriale italiano. Giulio in questo libro ci propone una via di uscita: si tratta di una speranza, di un modello da seguire per chiunque abbia idee innovative e vuole fare la sua parte per lo sviluppo economico del nostro Paese».

L’incontro ha visto inoltre l’intervento di Lorenzo Moretti, Italy Lead di LUHNIP e Research Fellow all’EUI: «I sistemi industriali forti sono quelli che sanno mettersi in discussione e quindi rinnovarsi costantemente; il piccolo e bello del Made in Italy può evolvere integrando tecnologia, attività ad alto valore aggiunto e modelli di business e governance per costruire nuovi vantaggi comparati che gli permettano di sfruttare le catene del valore globali invece che rimanerne marginalizzati». 

Una contaminazione tra startup, industria e territorio che, come ha sottolineato il presidente di Assosoftware Pierfrancesco Angeleri, va sostenuta: «l’Italia ha una grande potenzialità per crescere nel mondo dello sviluppo di applicazioni basate sull’intelligenza artificiale per la piccola e media impresa. Spetta al governo dare un segnale forte per sostenere questo segmento mettendo in campo misure semplici e concrete a supporto». Una prospettiva che cambia il paradigma dello sviluppo: non più centrato solo sulle grandi città e le grandi aziende tech, ma aperto a tutti coloro che sanno mettersi in rete e rinnovarsi.